Cosa significa autenticità per la psicologia?

Nella via che conduce alla trasformazione interiore la psicologia ci offre conoscenza, strumenti e punti di riferimento per imparare a restare nel processo di trasformazione interiore con tutte le complessità che lo caratterizzano.

Ogni via è personale e unica e molto spesso è difficile riconoscerla e riconoscerci in essa, a tale proposito ho deciso di approfondire il concetto di autenticità alla luce delle dinamiche psicologiche. La parola deriva dal greco αὐϑεντικός e significa “autore”, inteso come colui “che opera da sé”, colui che ha “autorità su se stesso”.

L’etimologia rimanda al processo psicologico di sviluppo della consapevolezza, ovvero imparare ad operare su se stessi con coscienza, conoscerci nel processo di trasformazione e attraversarlo con fedeltà alla propria autenticità.

L’autenticità è un valore a me caro perché si trova alla radice di ogni cosa che è destinata a durare; percorrere questa via significa percorrere la Nostra via, nella sua unicità, essere allineati alla nostra natura nella sua essenza più pura.

La riflessione che condividerò in questo articolo nasce dalle difficoltà che si sperimentano nel restare in contatto profondo con sé stessi e nel vivere i processi di trasformazione che la crescita e l’evoluzione interiore richiedono.

 

 Non cercare la via, sii tu la via.

Ogni giorno chiamati ad attraversare il nostro mondo interno e a riconoscere che abbiamo  dei bisogni a volte sommersi; a volte infatti percepiamo una forma di dissonanza con la realtà che viviamo e la difficoltà anche inconscia ad agire in essa in coerenza con la nostra natura interiore e a favore del nostro benessere.

Come individui siamo alla ricerca di una forma di libertà interiore, difficile da definire, non sempre riusciamo a sentire con chiarezza i nostri bisogni profondi e discernere ciò che non ci appartiene più. Siamo alla ricerca di o qualcosa che ci sollevi dall’ingrato compito di abitare noi stessi in questo tempo con tutte le difficoltà che comporta.

Alcune volte siamo confinati in schemi mentali che diventano prigioni, restiamo intrappolati nelle nostre aspettative, inseguendo illusorie direzioni fuori di noi.

Quando questo accade, come possiamo ritornare sulla nostra via? come possiamo sentire e comprendere qual’è la strada da percorrere? 

 

IL PRESENTE È LA META.

Il primo passo per un cammino nella nostra autenticità è trovare il modo di riconnetterci con la forza, la fiducia e il coraggio, essi abitano dentro di noi e nelle relazioni più vere che abbiamo costruito, quali i legami importanti con altre persone, luoghi o passioni.

Possiamo riconoscerla perché ci dona una senso di benessere, leggerezza e espansione, un risveglio della nostra energia interiore e ci ricorda che dentro di noi quella determinazione di fondo può sempre rinascere.

Il secondo passo è proseguire con disciplina e compassione nel tragitto del nostro presente, pronti ad esplorare la natura complessa dell’esperienza psicologica che stiamo vivendo, fatta di luci e ombre, tensioni dinamiche continue che tendono all’armonia interiore.

La ricerca dell’autenticità è un cammino, una ricerca del cuore, di un senso e di una comprensione profonda di sé e delle cose che non è mediata dagli schemi mentali e abita nel presente, non nel passato nè nel futuro, nei quali non possiamo di fatto agire.

 

una via OLTRE LA MENTE: la consapevolezza.

“L’autenticità è la leggerezza di alleviare te stesso e saperti guardare dall’alto.”

(Ezio Bosso)

La mente è una macchina che non si ferma, instancabile produttrice di pensieri, la cui struttura cognitiva tende a semplificare la realtà e produrre interpretazioni, associazioni, significati nonché innumerevoli distorsioni cognitive.

Possiamo pensare ad essa metaforicamente come ad un territorio fatto di molte strade tracciate e altrettanti terreni imbattuti. I percorsi tracciati sono schemi che si sono formati nella nostra storia ed esperienza, sono più facilmente ripercorribili e semplici da trovare, automatizzati, per questo motivo molto spesso la nostra mente domina i nostri pensieri e li aggancia alle nostre emozioni facendoci imbattere negli stessi pensieri, nelle stesse reazioni e dinamiche disfunzionali.

La psicologia orientale, come tradizione secolare di sapere e saggezza giunge in nostro aiuto e ci insegna che: non possiamo trovare la chiave dell’irrisolto nelle esperienze di temporaneo nutrimento della mancanza.

Infatti, nella dimensione di reiterazione degli schemi disfunzionali, il nostro tempo assume la forma di spazio abitato dalla mancanza, condizione che ci rende incapaci di sostare in un territorio nuovo, vuoto, sconosciuto e che allontana la nostra attenzione dal presente, direzionandolo verso la ricerca di una felicità che non è ora, bensì delegata al futuro, ad uno spazio lontano sul quale non possiamo agire consapevolmente.

Rimaniamo sospesi nel limbo dell’attesa del cambiamento ma non siamo davvero presenti a noi stessi quando abbiamo l’opportunità di crearlo.

Allora è prezioso imparare a restare, a sostare nello sconosciuto, nello scomodo, nell’irrisolto. Imparare a osservare i terreni nuovi, per donare a noi stessi un’alternativa, una nuova via nel nostro presente.

 

Come allenarci ad uscire dai percorsi tracciati dalla mente e vivere il presente? 

“La via attraverso il mondo è più difficile da trovare della via al di là del mondo.”

J.Hillman

La presenza mentale è la volontà e l’attenzione intenzionalmente direzionata a quello che c’è in un dato momento, è la capacità di saper restare, saper sostare con ciò che esiste e si manifesta nell’istante in cui possiamo osservarlo e sentirlo.

Emerge dunque la necessità di sintonizzarsi sui questi stati interiori e restare in ascolto, giorno per giorno, discernere sensazioni, emozioni, sentimenti, pensieri.

In questo processo bisogna prendere atto della qualità umana dei nostri stati interiori, nella loro fragilità e variabilità, dal più meraviglioso al recondito distruttivo sentimento.

Arriva un momento in cui è necessario camminare verso la trasformazione e il cambiamento, fermarsi nei luoghi dell’anima che fanno più paura. Solo così potremo imparare a sostare in quella che definiamo mancanza, esplorarla e comprenderla, trovare in essa tesori nascosti e accoglierli.

Scoprire e coltivare in noi l’arte del prendersi cura, la grazia della compassione per noi stessi e la forza dell’attenzione cosciente nel silenzioso rispetto e accettazione di ciò che c’è.

“Possiamo imparare a sostare con l’alternarsi delle stagioni, con l’aridità, con l’infiorito e con la bellezza della rinascita. ” (James Hillman)

Entrare in questo processo significa connettersi con il nostro centro, liberandoci dall’aspettativa che sia compito del mondo esterno assolvere a questo compito interiore.

La via dell’autenticità è la ricerca del cuore, di una conoscenza oltre la mente, di un sentire che ci invita a tornare a casa, alla comprensione profonda del sè, alla dimora della nostra essenza.

Arriva un momento in cui è necessario divenire liberi viaggiatori in uno spazio che possiamo abitare con consapevolezza e serenità, uno spazio che non è altro che la nostra psiche ovvero la nostra casa.

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Dott.ssa Francesca Peruzzi

Psicologa clinica e del benessere.

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