Psicologia dell’arte per la trasformazione interiore 

L’arte ha da sempre la forza di comunicare la ricerca del vero e del profondo, di farci risvegliare emozioni e sensazioni trasformative e di metterci in contatto con il nostro personale processo creativo, e questo in un certo senso la accomuna con la psicologia.

La psicologia dell’arte è un ambito che mi affascina profondamente sia perchè è una disciplina ci consente di indagare e spiegare i processi psicologici coinvolti nelle esperienze di produzione e di fruizione di un’opera d’arte sia perchè ci conduce al mondo dell’arte come terapia.

Nella mia vita sono entrata in contatto con l’arte in molte forme e nel mio piccolo ho dato ascolto al fuoco creativo dentro di me per creare i miei progetti ed esprimermi attraverso il mio canale, ho imparato a osservare le opere senza i confini del giudizio semplicemente restando in ascolto di quel che emergeva in me dopo essere entrata in contatto con l’opera.

L’arte mi ha sempre trasportata in uno spazio indefinito, nel tempo del divenire e su un piano del sentire che risuona dentro di me.

 

Di recente mi è capitata sotto gli occhi quest’opera di Magritte e non ho potuto fare altro che riflettere su come questo difficile 2020 possa essere in essa metaforicamente rappresentato.

I dipinti attraverso le immagini che rappresentano ci consentono di entrare in contatto sensoriale e materico con il mondo simbolico, con l’invisibile che abita nel mondo e in tutti noi.

Oggi ho deciso di condurti in questo viaggio nell’opera e attraverso essa se vorrai anche dentro di te!

Cosa c’è in quel castello di pietra, sospeso su una roccia e fluttuante sul mare in tempesta? quale simbolo o metafora si cela dietro un’immagine così potente? cosa risveglia nelle nostre menti e cosa risuona nel nostro inconscio?

 

Eccola qui!

 

- Psicologia dell'arte: il 2020 in un'opera di Magritte.

 

Il quadro che mi ha colpita è “Il castello dei Pirenei”, ispirato all’isola volante di Laputa apparsa ne “I viaggi di Gulliver” e posto sulla copertina del libro “Il castello” di Kafka.

 

Vorrei che anche tu prima di leggere e farti trasportare dal mio flusso e interpretazione personale lo osservassi per un poco e ti chiedessi cosa ti suscita, cosa emerge in te guardandolo?  

Una visione analitica dell’opera.

Osservando quest’immagine è impossibile non entrare in relazione con il mistero, con quel mondo tra visibile e invisibile  a cui il surrealismo di Magritte allude insieme a un senso dell’essere che ci lascia nella pienezza della domanda, del domandarsi.

L’immagine può catturarci in una dimensione per la mente paradossale, scevra dai significati del reale.

Quel masso sull’oceano, la potenza della permanenza sull’impermanenza mi da l’impressione di essere invitata a sperimentare nuovi campi di conoscenza e percezione, spazi dove la costruzione del significato tanto cara alle nostre menti al fine di interpretare le cose non può che rimanere sospesa, in una zona liminale, una dimensione tuttavia afferrabile in qualche modo perchè rappresentata proprio sulla tela.

Le dimensioni psicologiche nascoste nell’opera.

Facendo riferimento alle funzioni psicologiche di C.G. Jung e navigando nella psicologia dell’arte possiamo ricondurre i diversi elementi del dipinto a quattro funzioni psicologiche: 

1- il castello come la funzione pensiero costruito sulla realtà concreta;

2- la pietra fluttuante , la dimensione del percepito attraverso il fluttuare della sensazione;

3- il cielo ovvero il piano dell’intuizione senza confini

4- alla base il mare delle emozioni con tutti i suoi moti e dei sentimenti più profondi.

Quando riflettiamo sulla psiche, è bene ricordarci che non è qualcosa di riducibile al concetto di mente, non è qualcosa di interno all’uomo, bensì  un sistema dinamico esteso nella natura e nella collettività. La psiche è caratterizzata da fluttuazioni continue e da una ricerca di armonia  funzionale alla vita e alla trasformazione.

Possiamo dire che la psiche abita il mondo del senso prima del significato che la mente possa attribuire ad esso.

L’immagine pregna di simbolismo riflette il vissuto che più è emerso quest’anno per necessità collettiva: l’atto di ricerca dell’equilibrio e di resilienza di fronte ad uno scenario improbabile, alla tempesta, al paradosso.

Ci insegna che possiamo sostare nell’impermanenza, nella ricerca di equilibrio nella complessità umana, accettando la pluralità di dimensioni del reale, di interpretazioni e costruzioni sociali.

Sebbene molte opere surrealiste siano costellate dalla ricerca attiva di una visione dell’inconscio, Magritte ci permette di esplorare forse più ardentemente la nostra ricerca del senso e la costruzione del reale attraverso l’atto di attribuire di significati alle cose. Con le immagini entra in relazione diretta con i fruitori giocando sui processi di oggettivazione e ordine di senso delle nostre menti e rendendoci consapevoli della loro esistenza.

Nell’osservare quest’opera infatti, è impossibile non riflettere sul relativismo psichico, la realtà non è oggettivamente data e la prospettiva delle cose è determinata dalle qualità dell’osservatore e dal contesto storico-sociale in cui è immerso.

L’arte ci aiuta a trascendere noi stessi

La nostra realtà soggettiva abbraccia fenomeni che sono nel qui e ora, ma noi siamo abituati a esperire la vita in termini di gradi differenti di vicinanza e lontananza delle cose sia spaziali sia temporali. In questa prospettiva possiamo interrogarci sulla coesistenza di un mondo in cui agiamo con interesse pragmatico e interesse volto a plasmare la realtà personale e un mondo intersoggettivo di realtà condivisa che si autoproclama.

Compito della conoscenza è chiarire come i significati soggettivi possano diventare fattualità oggettive nella vita quotidiana, compito dell’arte è oltrepassare un linguaggio che postula tali oggettivazioni, l’ordine di senso, le coordinate.

Troppo spesso la nostra conoscenza si limita a ciò a cui diamo importanza, i nostri atteggiamenti sono determinati dai nostri immediati interessi pratici. Il pensiero vuole oggettivare e categorizzare le esperienze così da poter reinviare ad esse anche quando è indubbia la probabilità di distorcere la realtà per ritradurre ciò che è poco conosciuto nella propria realtà dominante.

I nostri limiti si intersecano con quelli altrui, noi conosciamo tutto ciò che conoscono i nostri limiti. 

Quando viene il momento di affrontare le testimonianze massicce della soggettività altrui, laddove è possibile fraintendere, dissimulare, e rinchiudere le cose in schemi di tipizzazione inevitabilmente ci allontaniamo dall’incontro autentico.

 

- Psicologia dell'arte: il 2020 in un'opera di Magritte.

 

Conclusioni

Il fare anima significa riconnetterci al processo creativo e esplorarlo, il mio lavoro non può non includere i processi creativi perché i linguaggi simbolici hanno il potere di oltrepassare la parola e il visibile, in quanto dotati di questa funzione sono colmi di un senso che non potremmo percepire consciamente affidandoci gli strumenti razionali.

Una ricerca di senso in movimento e trasformazione, catturato dall’arte e riproposto a noi con la delicatezza o l’irruenza di un’opera.

Osservare qualcosa o qualcuno che diventa portatore di un messaggio collettivo è un processo che ha la potenza di entrare nell’anima. La sola distanza tra noi e un’opera, tra vissuto e osservato ci rende sicuri che ciò che vediamo sia una rappresentazione e non possa oltrepassare i nostri confini; eppure, ciò che osserviamo nasce dalle dinamiche individuali e collettive della natura umana.

L’atto di creare dona l’accesso al simbolo e lo strumento psicologico che trasmuta l’energia psichica è il simbolo. (C.G.Jung)

La psicologia accoglie i messaggi simbolici dell’arte e il processo creativo ha il potere di cogliere l’essenza dinamica della psiche collettiva.

 

Confido di averti portato con me in questo viaggio nella psicologia dell’arte.

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Dr.ssa Francesca Peruzzi

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